Un ascolto attento

Da bambina, insieme ai miei compagni di scuola, giocavamo a volte al gioco del sussurro. Una frase veniva trasmessa a bassa voce da bambino a bambino, fino all’ultimo che la riferiva poi a voce alta. A quel punto la frase era immancabilmente cambiata, perdendo il suo significato o prendendone un altro, totalmente diverso, che di solito ci faceva scoppiare a ridere. Lo stesso meccanismo del messaggio che si trasforma durante la trasmissione avviene anche in altri ambiti, che purtroppo non sono quelli del gioco. Una parola detta si può trasformare e può assumere altri significati man mano che passa di bocca in bocca, fino a diventare irriconoscibile. Una trasformazione che a volte può causare danni o almeno complicazioni nei rapporti tra le persone. Per la verità, non è neanche necessaria una lunga catena di trasmissione prima che una frase o un messaggio rischi di trasformarsi. Può succedere che le parole dette da un nostro interlocutore, seduto davanti a noi, si trasformino nello stesso momento in cui arrivano alle nostre orecchie e vengono «processate» dalla nostra mente. Così un altro significato e un’altra intenzione vengono loro attribuite rispetto a quelli con cui sono state pronunciate. Proprio di questo rischio ho parlato di recente con un gruppo di visitatori proveniente da una delle nostre chiese. Quando si va a far visita a persone anziane, malate o comunque con problematiche varie, si dedica per forza un tempo considerevole proprio all’ascolto. Queste persone hanno bisogno di parlare, di raccontare. Ma noi che cosa ascoltiamo? E più in generale che cosa sentiamo quando le persone ci parlano, in tutti i vari contesti della nostra vita? Anche se la distanza bocca-orecchio sembra corta, prima di arrivare alla nostra mente le parole che ascoltiamo hanno fatto una lunga strada. Un qualsiasi messaggio da «emittente» a «ricevente» deve passare attraverso parecchi filtri: parte da ciò che «l’emittente» sa, viene ridotta a ciò che lui o lei vuol dire e si concretizza in ciò che dice realmente. Da qui passa al «ricevente» che sente; di questo sentire recepisce una parte, ne comprende una parte, ne ricorda una parte, e, infine, una parte la assimila e la usa! (Jacques e Claire Poujol, I conflitti; origini, evoluzioni, superamenti. Edizioni GBU, 1998, p.144). Insomma, ciò che ci rimane di quello che ascoltiamo è solo una piccolissima parte di ciò che è stato detto. E come se non bastasse, forse questa piccola parte ha subito una specie di deformazione. Può essere stata deformata a causa di disturbi esterni che hanno reso difficile l’ascolto, o perché non abbiamo prestato attenzione; perché abbiamo ascoltato solo la prima parte del discorso pensando di aver già capito tutto; perché le parole dette hanno svegliato in noi ricordi ed emozioni del passato che condizionano il nostro ascolto; perché ogni messaggio deve passare attraverso i nostri filtri culturali, di pregiudizi e di timori …. È importante essere consapevoli di tutte queste difficoltà nell’ascolto, per cercare di ridurle al minimo. E forse per i credenti l’importanza è ancora maggiore, perché non solo ci è richiesto di ascoltare i nostri fratelli e sorelle nella fede e comunque le persone intorno a noi, ma siamo chiamati ad ascoltare anche Dio! La stessa fede nasce dall’ascolto della Parola (Romani 10, 17) e viene nutrita da un continuo ascolto attento di Dio, attraverso la lettura e lo studio della Bibbia, attraverso la preghiera e la predicazione, nell’incontro con le persone e attraverso i molti eventi piccoli e grandi della nostra vita. La Bibbia testimonia il fatto che Dio conosce le difficoltà della comunicazione, dell’ascolto: «Ascoltate, sì, ma senza capire…» (Isaia 6, 9). Gesù stesso ha sperimentato la distorsione del suo messaggio da parte di persone con pregiudizi e timori, non disponibili a un ascolto aperto e attento. Anche senza intenzioni malvagie, può essere ancora oggi difficile ascoltare Dio e la sua Parola. Per gli stessi motivi già elencati sopra: fattori disturbanti, esterni e interni, in tutte le loro varie forme. Dio lo sa, e ci chiama all’ascolto attento in mezzo ai molti rumori e voci della nostra vita: «Ascolta Israele: il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore» (Deuteronomio 6, 4). Ci invita ad ascoltare con fiducia: «porgete l’orecchio e venite a me; ascoltate e voi vivrete» (Isaia 55, 3), «chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna» (Giovanni 5, 24). Ci incoraggia ad assimilare ciò che ascoltiamo, a farlo nostro, a viverlo: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (Giovanni 10, 27). Infine ci chiede di rendere questo ascolto possibile anche ad altre persone, con l’annuncio di quella Parola, Gesù Cristo, che nonostante la nostra trasmissione e il nostro ascolto imperfetti rimane Parola di fede, di speranza, di amore e di vita. Parola che non cambia, ma che cambia chi la ascolta: «Ossa secche, ascoltate la parola del Signore! (…) Metterò in voi lo spirito, e rivivrete; e conoscerete che io sono il Signore» (Ezechiele 37, 4; 6).

Di Helene Fontana

(tratto da Riforma numero 22 del 1° giugno 2012)

Maggio 31, 2012