Helene Fontana
ESODO 34:29-35; II CORINZI 3:7-18
Che aspetto ha un credente, un cristiano/cristiana? Difficile dirlo, vero? Chi ha un’opinione negativa della fede e della chiesa a volte dipinge i credenti come persone tristi, grigie (e così li vediamo a volte rappresentate nei film o ne leggiamo nei libri). Mentre altri, in buona fede masemplificando troppo, pensano che i credenti debbono avere sempre un sorriso sulle labbra, essere sempre felici. Se però ci guardiamo intorno in questo momento, in questo luogo, vediamo che la questione è più complessa di così: vediamo attorno a noi volti, portamenti, espressioni diversi…E’ naturale, siamo persone diverse tra di noi e ognuno/a è qui con il proprio bagaglio di esperienze e pensieri. Non si può generalizzare e sostenereche tutti i credenti si presentino tristi o sorridenti o quant’altro.
Eppure… a leggere il brano di oggi dalla seconda lettera di Paolo ai corinzi sembra capire chesecondo l’apostolo ci sia qualcosa che accomuna e caratterizza tutti i/le credenti. Qualcosa che è visibile, percepibile, per gli altri. Questo è possibile nonostante le nostre diversità perché non dipende noi, da chi crede, ma dipende da colui in cui crediamo, da Dio. Cerchiamo di scoprire di che cosa si tratta e vediamo se possiamo riconoscerci in ciò che scrive Paolo, per riflettere su come possiamo rendere appunto percepibile (e perciò anche ricevibile) la fede a chi ci sta intorno.
Cominciamo dalla fine di quei versetti che abbiamo ascoltato dalla II Corinzi, perché qui troviamo l’affermazione principale di Paolo, quella al quale la sua argomentazione di questo brano prepara: “Noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito”.
Con questa frase solenne e grandiosa, Paolo dice che chi crede cambia. O meglio, dice che chi crede viene cambiato, trasformato, perché il soggetto di questa azione è Dio che opera attraverso il suo Spirito. Questa trasformazione avviene quando si “contempla la sua gloria”, cioè quando si conosce la grandezza di Dio, la sua bontà, la sua misericordia, quando ci si affida alla sua grazia, quando si entra in comunione con lui, quando si cresce nella fede e gli si è sempre più vicini, diventando sempre più conformi alla sua volontà, alla sua immagine.
Come facciamo però a sapere com’è questa immagine, dove la troviamo? Dove possiamo “contemplare la gloria” di Dio, dove vederlo in azione, ascoltarlo, conoscerlo? Lo possiamo fare in modo particolare e unico in Gesù. Prima di tutto in Gesù così come lo incontriamo nelle Scritture, nei Vangeli: lì lo “vediamo” camminare, incontrare le persone, guarire i malati, lì lo “sentiamo” predicare, insegnare, pregare. Ma Gesù lo incontriamo anche – il Gesù risorto, il Gesù presente in Spirito – nella comunità che è il suo corpo, nel culto, nella preghiera, nell’incontro con i fratelli e le sorelle. E nel corso di questa “contemplazione”, di questoosservare e ascoltare e incontrare Gesù, veniamo cambiati, siamo diversi/e di prima, perché cambia il modo di pensare, di ragionare, cambiano i valori e le priorità.
In questo processo non cambiano però solo i meccanismi della nostra testa. Paolo chiarisce che si tratta di una trasformazione che è appunto in qualche modo anche visibile, percepibile; un’immagine è qualcosa che si vede. E allora: “ci comportiamo con molta franchezza”, scrive, e il comportamento è qualcosa di visibile. Un comportamento franco in questo caso è uno che non fa mistero dei propri convincimenti, che non se ne vergogna, che non ha paura di renderli palesi. E’ perciò un comportamento che corrisponde a quel cambiamento di ragionamenti e di valori e di priorità che l’incontro con Dio ha operato. Chi ha avuto questo incontro vive nella libertà dello Spirito, scrive Paolo, forti della grazia di Dio, pronti/e a testimoniare la propria fede nelle varie scelte esituazioni della vita, a viso scoperto.
E proprio all’immagine del viso scoperto o velato ricorre Paolo per sottolineare questo suo punto: “ci comportiamo con molta franchezza, e non facciamo come Mosè, che si metteva un velo sul volto”. L’apostolo qui si ispira a quel testo che abbiamo ascoltato dal libro dell’Esodo che racconta di Mosè che dopo aver visto e parlato con Dio, dopo averlo “contemplato”, ha il volto raggiante. Lì leggiamo che Mosè si copriva il volto con un velo per proteggere gli israeliti che avevano paura di quel che vedevano. Solo quando parlava con Dio e poi quando riferiva le sue parole agli israeliti rimaneva a volto scoperto.
Paolo dà un’interpretazione diversa di questo velo, scrive che serviva a nascondere il fatto che la “gloria”, la luce, impressa sul volto di Mosè poi svaniva, perché la rivelazione che gli aveva fatto Dio della Legge era temporanea mentre la sua rivelazione in Gesù, la sua gloria che si conosce in Gesù, è per sempre.
Lasciamo però da parte questo aspetto del discorso di Paolo, che richiederebbe tutta una riflessione a sé, per concentrarci su ciò che viene detto sul volto di Mosè. Quando Mosè aveva parlato con Dio la sua pelle era raggiante. Il vocabolo usato può voler dire che il suo viso brillava, come a dire che era illuminato, era splendente dopo l’incontro con la luce suprema che è Dio. Oppure può voler dire anche qualcosa come “arrossato”, a trasmettere l’idea del calore, della passione della fede che emanava da Mosè. E il suo volto rimaneva scoperto mentre raccontava agli israeliti le parole ricevute da Dio, mentre trasmetteva loro la luce che aveva visto, il calore che aveva sentito, e gli israeliti vedevano sul suo volto che era stato vicino a Dio.
Paolo dice che noi tutti possiamo avere l’esperienza di Mosè: “noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria”. Una rivelazione in Gesù che è per sempre, che illumina le nostre vite con la sua speranza, anche nei momenti bui della vita, e che le scalda con il suo amore, svegliando in noi l’amore per gli altri/e. Chiediamo allora al Signore che, tristi o felici, seri o sorridenti, possiamo farci riconoscere a viso scoperto come credenti e condividere la fede con altri grazie alla luce ed al calore che nascono dall’incontro con Gesù. Amen.
